domenica 18 dicembre 2011

Al Convento di Cetara


Tre gamberi sono tre gamberi. È quello che abbiamo pensato a fine pasto al Convento di Cetara. Un posto davvero interessante sia dal punto di vista estetico – siamo davvero in un convento – che da quello gastronomico. Un percorso attraverso i sapori della tradizione, pur con qualche innovazione e idea intelligente, che non delude. Per avere una panoramica completa abbiamo scelto di assaggiare il menù degustazione e farci prendere per mano e portare lungo questa strada alla scoperta dei sapori di Costiera. E per non farci mancare nulla, abbiamo chiesto di assaggiare entrambe le varianti (ci sono un paio di opzioni sia per i primi che per i secondi), in modo da poter fare il nostro tradizionale “sharing” delle portate e assaggiare davvero tutto.
Eccoci quindi ai piatti: si comincia con un antipasto misto che altro non è che un elogio dell’alice di Cetara (con qualche piccola deviazione sempre marinara). Marinata, of course, ma anche sott’olio con il pomodoro secco dolcissimo, panata e fritta con una fettina di provola affumicata al centro (l’abbiamo ribattezzato “sofficino di alici” e l’abbiamo trovato geniale!), in polpetta con uvetta e pinoli sempre fritta (la mia preferita), in scapece (già fritta, ma poi ripassata in aceto e conservata). Già qui eravamo in solluchero!
L’apoteosi è arrivata però con i primi, che per quanto erano semplici e buoni ci hanno decisamente conquistati. Sembrerà banale, ma si poteva non assaggiare lo spaghetto con la colatura di alici a Cetara? La tragedia è che, pur avendo acquistato la colatura, dubitiamo che ci possa venire altrettanto buono se ce lo cuciniamo da soli! Molto meno scontata l’altra proposta di primo: ziti spezzati con genovese di tonno. A quanto pare questo è un vero cavallo di battaglia del Convento e devo dire che il perché ci è sembrato più che comprensibile. Avete presente quelle genovesi della nonna dolcissime (mia nonna, napoletana di origine, ne era un’artista), con la cipolla pressoché spappolata che è diventata quasi una crema? Ecco, era una cosa del genere, ma con questo “quid” in più che era l’aggiunta di tocchetti di tonno.
Quindi i secondi. Da qui una lieve discesa, non perché non ci siano piaciuti (anzi), ma perché ci è sembrato che la genialità si fosse esaurita nei piatti precedenti. Fra i secondi, infatti, abbiamo assaggiato una buona frittura di paranza, molto ben rappresentata, e una “bistecchina” di tonno al sangue ma non troppo. Entrambi piatti senza difetti, a parte il fatto che fossero già molto visti e ci sembrassero meno caratteristici dei precedenti.
I dolci non sono della casa, ma sono scelti con cura dal patron. Un tempo se ne occupava Sal De Riso, ma poiché è diventata una mezza industria, oramai i locali diffidano di lui. Per questo adesso il posto è stato lasciato a “Umberto Dessert”, che ci ha proposto un babà bagnato come piace a me (molto umido, ma con una bagna dolce e poco alcolica) e una fettina di una torta che sembrava un tiramisù rielaborato. Questo secondo dolce era un po’ Derisiano, a metà fra semifreddo e torta tradizionale, eppure mi è sembrato più “puro” di quelli che attualmente propone De Riso. Quindi complimenti al Convento anche per l’ottima scelta del fornitore.
Ps. Notizia in anteprima: sembra che la Cuopperia del Convento aprirà il prossimo anno a Roma. Ci hanno detto che mancano solo le firme… E sarà presente – da aprile – nella sede romana di Eataly!!!

Pps. se volete visitare il sito di questo locale cliccate sul seguente link:

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